Promozione
e sviluppo per l'integrazione sociale
Di Luigi Brembilla
Caritas Ticino
ha rinnovato e ampliato il sostegno al progetto ACTA (Associazione di cooperazione
Ticinesi e Associati), (vedi articolo “Donne senza catene” a cura
di Mimi Lepori, Caritas Insieme marzo-aprile 2002), con la partecipazione attiva
di un operatore Caritas Ticino nella progettazione e nel monitoraggio delle
azioni formative. Per questi obiettivi, nel mese di luglio, con la collaborazione
di Lucia Guidicelli, ci siamo recati in Costa d’Avorio nei centri dell’Associazione
S. Camillo a Bouakè. Abbiamo così potuto osservare con quali e
quanti sforzi l’Associazione S. Camillo si batte per portare avanti questo
difficile compito.
Tutto si confronta giornalmente
con i limiti della sopravvivenza: alimentare, igienica, medica; tutto è
reso possibile da volontà espresse in speranza, credo, dedizione, volontariato
e donazioni (locali ed estere); tutto continua, vive e si espande in una condizione
di assoluta provvisorietà e precarietà.
La provvidenza è la presenza più sensibile e costante nella continuità
della gestione dei centri.
Il “progetto” dell’Associazione S. Camillo e dei suoi fondatori
si definisce e si determina in un vivere l’incontro con l’uomo che
soffre attraverso la sua liberazione fisica, l’accoglienza senza condizione
alcuna, la “cura della malattia”, la formazione personale e professionale
per una restituzione della identità personale prima e un reinserimento
nel contesto famigliare e sociale poi.
Scommessa quest’ultima molto impegnativa e determinante per la non cronicizzazione
del sistema e per la specificità e identità delle finalità
dell’Associazione.
Il progetto ACTA entra nella prospettiva generale dell’Associazione S.
Camillo per la parte relativa alla formazione e reinserimento sociale delle
persone accolte e curate.
Obiettivo questo non certo facile, anzi, sembra più una sfida impossibile
se vista con gli occhi della pianificazione, programmazione, progettazione e
organizzazione tipica della nostra società.
Diversamente, se vissuto e condiviso con la realtà locale, questo obiettivo
diventa anche mezzo di confronto reale tra culture, modelli, conoscenze e competenze,
in grado di far camminare progetti di crescita e sviluppo sociale ed economico
in una prospettiva di reciprocità.
Il nostro aiuto può diventare risorsa, proprio offrendo accompagnamento
formativo, tecnico e organizzativo, nel rispetto e riconoscimento delle diverse
espressioni culturali, forme organizzative e valori presenti.
Avvio della formazione
I primi percorsi formativi
sono partiti e riguardano la formazione di giovani allievi nel settore delle
costruzioni (muratori) e la formazione di donne, formatrici, nel settore della
sartoria e della lavorazione della manioca.
La formazione avviene con l’inserimento degli allievi e dei formatori
in attività produttive locali.
Formazione muratori
Il percorso formativo per muratori prevede l’inserimento degli allievi
in situazioni di cantiere per la formazione pratica e momenti d’aula per
la formazione teorica.
Attualmente 6 giovani stanno lavorando nel cantiere per la costruzione di un
nuovo Centro “Belle Ville” dove sono previsti alloggi, laboratori
e negozi per l’accoglienza e riabilitazione delle donne attualmente inserite
nei centri di cura.
Il progetto formativo prevede l’affiancamento ai giovani allievi di 2
muratori e 1 capocantiere per la formazione pratica e, contemporaneamente, di
1 tecnico per la formazione teorica per sviluppare la programmazione del lavoro
con l’ introduzione di elementi di alfabetizzazione di settore, elementi
teorici sulle tecniche delle costruzioni, materiali, attrezzature, strumenti
e sicurezza. Per alcuni allievi, inoltre, si procederà anche con la lettura
del disegno per semplici costruzioni.
Formazione formatori
La formazione di personale esperto e di formatori diventa punto qualificante
e strategico per l’avvio di attività formative e produttive interne
ai Centri ed in particolare al Centro di riabilitazione per donne, attualmente
in costruzione.
Tre giovani donne sono in formazione presso una sartoria e altrettante presso
una cooperativa per la lavorazione della manioca.
Queste persone, finito il percorso formativo, potranno gestire, affiancate da
esperti del settore, i laboratori dell’Associazione, sia per la formazione
sia per la produzione, permettendo cosi la possibilità di rendere continua
l’azione di accompagnamento formativo e di integrazione sociale delle
persone accolte.
Inoltre, la costruzione di nuovi laboratori e negozi permetterà di avviare
la commercializzazione dei prodotti, sperimentando così la possibilità
di rendere parzialmente remunerative e autonome le attività lavorative.
Costruzione del centro “belle ville”
La definizione della planimetria generale e l’organizzazione degli spazi,
in funzione delle attività previste nel Centro di riabilitazione per
le donne, ci ha impegnato in un confronto culturale, tecnico e di valori molto
intenso, forte, sempre costruttivo e con soluzioni anche impreviste.
Il progetto prevede la suddivisione dell’area a disposizione (circa un
ettaro di terreno) in tre zone distinte per tipologia di attività. Sulla
prima area è previsto l’insediamento di attività produttivo/formative
e commerciali. Sulla seconda già esiste un fabbricato che, dopo ristrutturazione,
accoglierà un poliambulatorio di primo intervento e una sala parto. Sulla
terza rimanente è previsto l’insediamento delle abitazioni ed un
asilo.
Attualmente sono in fase di realizzazione la recinzione, quasi ultimata, i negozi
e inizierà presto la costruzione del laboratorio di sartoria.
Per la parte abitativa, circa 60 persone, donne con relativi bambini, restano
ancora da definire a progetto esecutivo, la tipologia delle abitazioni e servizi,
finiture e arredi.
Elementi molto delicati ed in fase di definizione progettuale sono la realizzazione
di un pozzo per la fornitura di acqua, la tipologia e il posizionamento delle
infrastrutture per la dispersione delle acque nere (fosse settiche, pozzo perdente,
canalizzazioni ecc.).
Riabilitazione e reinserimento
Dare dignità ad una
persona, esclusa dal contesto familiare e sociale, in una cultura con forti
legami simbolici, magici e funzionali, pone alla struttura di accoglienza e
ai suoi rappresentanti problemi di AUTOREVOLEZZA, RICONOSCIMENTO ed EFFICACIA.
Solo una reale nuova situazione personale e professionale del “malato
mentale” ed un lavoro paziente sul contesto familiare e sociale può
determinare una diversa considerazione della persona esclusa ed offrire una
reale possibilità di reinserimento della stessa.
La formazione a nuove competenze, oltre al superamento delle condizioni di “malattia”
possono portare ad una diversa considerazione e visione “del malato”.
L’accompagnamento della persona, al rientro nella sua realtà di
provenienza, presuppone un lavoro di mediazione e di continuo monitoraggio sulla
realtà sociale, familiare e del villaggio di appartenenza. Una professione
ben posseduta ed un lavoro utile e riconosciuto, spesso diventano la chiave
di volta per una nuova forma di rapporto e riconoscimento reciproco tra soggetti
e comunità.
Il lavoro sul contesto sociale comporta risorse notevoli sia per mezzi che per
competenze ma soprattutto nella CREDIBILITA’ delle persone.